“S” come sussidiarietà. Protagonisti del proprio futuro. The Big Society.
Il principio di sussidiarietà, “in positivo”, spinge la politica a prendersi cura della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, delle realtà territoriali locali e, in breve, di quelle espressioni aggregative di tipo economico, sociale, culturale, sportivo, ricreativo, professionale, politico, alle quali le persone danno spontaneamente vita e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale (cfr. Compendio DSC, nn. 185-188). “In negativo”, invece, chiede allo Stato di non togliere agli individui ed ai corpi intermedi sopra citati i compiti che possono realizzare con le loro sole forze. Allo stesso tempo, impedisce di far fare ad una associazione “maggiore” (ad esempio un Comune) quelle e le attività che potrebbe fare autonomamente una “minore” (es. una o più famiglie unite). Per “Big Society” intendiamo appunto la “sussidiarietà locale” sopra accennata, che è all’opposto del welfare state centralista e burocratico sperimentato nel Novecento e che, del resto, nel nostro Paese ha subito anche notevoli storture. Per esempio, l’aiuto informale dato alle coppie dalle famiglie d’origine, dalle comunità parrocchiali e non, dal quartiere etc., hanno svolto e svolgono ancora un ruolo molto importante nel sostenere le persone nei momenti della vita caratterizzati da maggiore vulnerabilità (giovani senza lavoro, madri lavoratrici con figli piccoli, anziani non autosufficienti, disabili). Per un malinteso senso della sussidiarietà, però, le famiglie si sono trovate ad essere strumentalizzate dallo Stato che le ha “usate” come una specie di “ammortizzatore sociale”. Non è questa la sussidiarietà!