UN’ALTRA TELEVISIONE NON È POSSIBILE di Mario Adinolfi
Vi racconto un po’ come funziona la televisione. Ogni giorno c’è almeno una grande sfida, spesso più d’una, tra programmi che si contendono fettine di mercato pubblicitario, cioè soldi, tanti soldi. Il mercato più ricco è quello del cosiddetto “prime time”: sono trasmissioni che iniziano attorno alle 21.30 e finiscono ormai molto oltre la mezzanotte. Finiscono molto tardi perché più si va avanti più ottieni una percentuale (share) alta visto che il numero assoluto di televisori accesi è tendenzialmente minore, minuto dopo minuto. Agli investitori pubblicitari che comprano spot questi vengono venduti con share garantito, quindi i programmi sono obbligati a centrare quegli obiettivi e per questo si dilungano a dismisura.
Esistono prodotti che non si possono sfidare (il festival di Sanremo, le partite di calcio importanti in chiaro su rete generalista, Amici e C’è posta per te, don Matteo e Montalbano), perché vincono sempre a braccia alzate. Poi esistono i duelli in access prime time (la fascia di mercato antecedente la prima serata) o pomeridiani o mattutini: Striscia contro Amadeus, Otto e Mezzo contro Stasera Italia, Unomattina contro Mattinocinque, Cuccarini contro D’Urso (Vita in diretta contro Pomeriggio cinque) per fare qualche esempio. Ogni giorno centinaia di autori delle varie trasmissioni mettono in campo idee per provare ad accendere la curiosità del telespettatore, catturandolo e obbligandolo così psicologicamente a non cambiare canale. Ogni trasmissione ha un costo e per andare bene deve rendere alla rete che la trasmette molto più di quanto costa. Semplice, no?
Il talk show è la gallina dalle uova d’oro della televisione: i costi di produzione sono relativamente bassi (fiction, talent, varietà, reality sono immensamente più costosi e rischiosi) e se la squadra di autori è brava e sa comporre argomenti e team di opinionisti, il gioco è fatto. Tutti dicono di volere l’understatement e il “ragionamento”, in realtà si cerca di innescare sempre la rissa. Il giovedì sera è paradigmatico: il duello tra i talk show è animato da Piazza Pulita (La7, conduce Corrado Formigli) contro Dritto e Rovescio (Rete4, conduce Paolo Del Debbio). Formigli è di sinistra, si atteggia a intellettuale contro l’hate speech, poi compone un parterre di ospiti con Selvaggia Lucarelli, Vittorio Sgarbi e la “sardina” Lorenzo Donnoli. Come poteva non scoppiare il caos? Ogni volta che vedete Sgarbi tra gli invitati e vedete il conduttore che lo rimbrotta perché dà in escandescenze, decrittate il codice, non credete alla rappresentazione televisiva: Sgarbi è stato invitato nella speranza (che mai finisce delusa) che dia in escandescenze. Sempre, sempre, sempre. Il fine dell’invito è quello. Per cui lo scontro con la “sardina” era voluto. Semmai è stato imbarazzante vedere Sgarbi chiedere il punto di riferimento di questi ragazzi e vedere Donnoli indicare “Liliana Segre” senza che Formigli abbia osato porgli una semplice domanda: “Tu sei quello che a piazza San Giovanni ha fatto parlare una donna palestinese compagna di un noto sostenitore di Hamas, che vuole la distruzione dello Stato di Israele. Sicuro che Liliana Segre avrebbe apprezzato la tua scelta?”. Ma, si sa, nei copioni delle trasmissioni domande controvento e spiazzanti non ne possono esistere. C’è una tesi da dimostrare, con poco o nulla di giornalistico: l’impianto delle opinioni è noto prima e dall’impianto che è quasi ideologico non ci si discosta mai.
Paolo Del Debbio è un pizzico più onesto, l’impianto della sua trasmissione è schiettamente populista, ma nell’ultima puntata non è mancata un’intervista a Laura Boldrini e uno spazio per Emanuele Fiano del Pd, lasciato parlare con rispetto anche da Maurizio Belpietro e Maurizio Gasparri, oltre che dalla leghista Lucia Borgonzoni. Piuttosto mi sarei aspettato anche qui una domanda spiazzante sull’hate speech: perché se la ragazza fa il dito medio accanto a Salvini che dorme e Salvini reagisce con una protesta via social diventa cattivo e fascista, mentre la Boldrini che denuncia tutti i suoi insultatori direttamente alla magistratura è una liberale che può tacciare l’avversario di essere “il capo dei bulli”? Scommettiamo che se mi faccio una foto accanto alla Boldrini che dorme e alzo il dito medio, come minimo mi arrestano per sessismo?
La voglia di scavare però non c’è. La televisione attuale è costruita sui binari di copioni da cui non si vuole lasciare a nessuno la libertà di dirazzare. Quel po’ di verità in più che sento nei programmi di Del Debbio, a cui come sapete spesso partecipo, è premiata dai favori del pubblico: Dritto e Rovescio coinvolge sempre più di un milione di telespettatori mentre Piazza Pulita si ferma un gradino sotto. Complessivamente portano a casa più del 10% della fetta del mercato pubblicitario prime time e dunque fanno il loro, nessuno si azzarda a rischiare. Come si diceva alla fine della strepitosa serie Boris scritta da Mattia Torre, un’altra televisione non è possibile. Devi starci dentro provando a rilasciare qua e là granelli di ragionevolezza in un contesto di continua propaganda e di sterile spettacolarizzazione (spesso isterica) del nulla. Qualche volta lo spaccato è di vera e propria falsificazione dei fatti ai fini dello show. Ma, insomma, è tv: mica vita vera. La si fa per i soldi del mercato pubblicitario.
Poi succede che la vita imita la cattiva televisione (magistrale battuta di Woody Allen) e dopo i Two Popes e the New Pope ti ritrovi a dibattere di due Papi, e vabbè, sono le sorprese del mestiere. Un mestiere tra l’altro logorante, tra un po’ smetterò. Trent’anni di esposizione televisiva sono abbastanza e tra non molto il traguardo sarà toccato. O cambia davvero la tv o va avanti senza di me. Non sarà una gran perdita, ma almeno potrò andare a letto presto.