MENTANA E I CINQUE COMANDAMENTI DEL GENDER di Mario Adinolfi

Mi fanno notare che molti articoli del neonato Open, quotidiano on line firmato da Enrico Mentana, vertano sui temi etici, da giovani “gender fluid” a Dj Fabo e l’eutanasia. Fatemi prima di tutto fare l’in bocca al lupo a Mentana e ai suoi ragazzi, in Italia raramente nascono quotidiani nuovi, l’ultimo credo sia stato proprio il nostro La Croce, per cui benvenuti tra chi combatte perché oggi elaborare quotidianamente idee raccontando ciò che accade è certamente una forma di combattimento rispetto al contesto mortificante di una comunicazione da un lato controllata dalla politica e dai poteri industriali consolidati, dall’altro consegnata alla tragica superficialità emotiva dei social.

La selezione dei fatti e il loro racconto approfondito, non privo di un elemento soggettivo e dunque opinabile, è certamente una scelta battagliera e controcorrente rispetto al contesto deresponsabilizzato e in fondo accomodante che abbiamo descritto.

Altra cosa per cui non mi dispiace l’operazione di Mentana è che mette al centro temi che, ne sono convinto da anni e ci ho fondato La Croce per questo, sono i soli temi appassionanti della contemporaneità e riguardano la vita, l’amore (se volete, il sesso) e la morte. Tutto il resto è pettegolezzo.

Quel che conta capire ormai è quali siano i diritti di un essere umano dal momento del concepimento all’attimo della propria morte naturale, dove e come comincia e si conclude la sua libertà. La risposta di Open è meramente descrittiva. Prende dei ragazzi poco più che adolescenti e ne racconta il “sentirsi” maschio o femmina o fluidamente in continuo bilico. Prende la storia di Dj Fabo e sottolinea che la Corte Costituzionale ha richiesto una legge sul suicidio assistito (non è proprio così, ma non facciamo i pignoli) entro settembre prossimo. Se c’è un rimprovero da fare al quotidiano on line di Mentana è di scegliere un solo punto di vista rimanendo su un piano meramente narrativo, senza tentare quello che sul web sembra inosabile e è invece necessario: l’approfondimento, gli articoli lunghi, la violazione del tabù dell’ipersemplificazione dei temi e delle storie. Ho spiegato più volte che la mia ambizione di giornalista e scrittore è ormai solo una (anche di uomo politico impegnato nel Popolo della Famiglia, evidentemente): far innamorate tutti e soprattutto i giovani del fascino della complessità, in un tempo in cui vince la dittatura di twitter, della brevità, dello slogan, della superficialità, della battuta contrapposta al ragionamento.

Raccolgo, ad esempio, la sfida lanciata da Mentana con i suoi articoli che racconta i presunti ragazzi gender fluid per far notare a lui e alla sua redazione che, insomma, la negata ideologia gender a quanto pare esiste davvero e lo scrivevo con chiarezza in O capiamo o moriamo. A Mentana caduto dentro la rete di questa ideologia voglio regalare un’occasione di approfondimento sul tema tratto proprio da quel mio libro.

Coloro che raccontano l’ideologia gender come una invenzione dei cattolici solitamente subito dopo ammettono l’esistenza (non potrebbero fare altrimenti) dei “gender studies” o “studi di genere”: elaborazioni e testi che in ambito accademico hanno cominciato dagli anni Sessanta ad affermare, con l’obiettivo principale della emancipazione e liberazione della donna, l’indifferenza sessuale tra maschile e femminile. A partire dagli anni Ottanta i “gender studies” si sono evoluti in “gay, lesbian, transgender, queer and intersexual studies”, con l’obiettivo sempre di accompagnare fenomeni di emancipazione e liberazione sessuale e sociale delle categorie indicate. Potremmo dilungarci molto su questi studi accademici puramente ideologici e assolutamente a-scientifici, basterebbe riproporre il documentario “Il paradosso norvegese” per spiegare quanto questa ideologia sia fondata su basi medicalmente e scientificamente nulle, ma la questione ci porterebbe fuori strada. Oggi qui vogliamo rispondere a una semplice domanda: cosa afferma l’ideologia gender? I “comandamenti” di questa ideologia sono cinque e concatenati tra loro.

1. Maschio e femmina sono uguali
La finalità originaria dei “gender studies” degli anni Sessanta è affermare l’uguaglianza assoluta tra l’uomo e la donna al fine di liberare ed emancipare quest’ultima dalla “discriminazione” che subisce ad opera del maschio. Negare la distinzione maschile-femminile, considerare “uno stereotipo” che esistano ad esempio mestieri tipicamente maschili e mestieri tipicamente femminili, negare la specificità del ruolo materno rispetto al ruolo paterno, sono gli elementi cardine dell’ideologia che afferma che l’uomo e la donna sono intercambiabili in ogni funzione, che solo una convenzione sociale e una oppressione di tipo storico-culturale ha cementato la donna in alcuni ruoli specifici, in particolare in ambito familiare, e da questo la donna va liberata.

2. Il sesso biologico è modificabile
L’ideologia del gender vede il sesso biologico come un dato originario modificabile, di fatto transitorio e “liquido”, piegandolo alla scelta del “genere” a cui appartenere, che può essere compiuta a qualsiasi età a partire da dati comportamentali. Sei femmina ma ti “senti” maschio? Tutto a posto, sei maschio. Gli ideologi del gender incoraggiano dunque il transessualismo come prova di libertà ed emancipazione dell’individuo e sostengono che la definizione dell’essere umano anche a livello burocratico non deve limitarsi alle due sessualità biologiche universalmente riconosciute (maschile e femminile) ma adeguarsi a infinite e fantasiose sfumature del genere, arrivando a contarne fino a 56. I social network come Facebook si sono piegati a questo diktat ideologico, mentre alcune legislazioni nazionali hanno riconosciuto accanto al genere maschile e femminile anche un fantomatico genere “neutro”.

3. Famiglia naturale? Uno stereotipo
Secondo l’ideologia gender la famiglia naturale composta da padre, madre e figli non è altro che uno stereotipo culturale basato sull’oppressiva azione del maschio sulla femmina ormai rotto dalla liberazione sessuale femminile, accompagnata alla fine della “dittatura del maschio” ormai liberato anch’esso in una sessualità liquida che genera i 56 diversi generi. Dunque, rotto lo schema maschile-femminile, è rotta anche l’idea stereotipata di famiglia. Gli ideologi del gender dunque obbligano a usare il plurale: non esiste più la famiglia, ma “le famiglie”, intendendo ogni aggregato sociale fondato su un generico “amore” che ovviamente arriva a comprendere anche le condizioni dei rapporti a più partner indicati come “poliamori”. Di qui discendono una serie di rivendicazioni politiche e sociali che vanno dal cosiddetto “matrimonio egualitario”, comunemente noto come matrimonio gay, fino al riconoscimento appunto dei rapporti a più partner chiamati “poliamori”, visti anzi da alcuni intellettuali come Jacques Attali come l’inevitabile approdo della società della disintermediazione.

4. Desessualizzare la genitorialità
Se è uno stereotipo la famiglia naturale, il culmine dell’ideologia gender è inevitabilmente la desessualizzazione della genitorialità. I figli dunque non nascono più dal rapporto sessuale tra un maschio e una femmina, ma possono essere generati artificialmente da qualsiasi aggregato sociale. Viene dunque incoraggiata la fecondazione assistita omologa e soprattutto eterologa, le cui leggi regolatrici più sono prive di vincoli più sono emblema di liberazione. Si sostengono pratiche oggettivamente violente e brutali, come l’utero in affitto, pretendendo però formule linguistiche edulcorate possibilmente in forma di incomprensibile acronimo come gpa (gestazione per altri) o gds (gestazione di sostegno), necessarie in particolare per gli omosessuali maschi notoriamente non provvisti di uteri. La finalità della desessualizzazione della genitorialità, culmine dell’ideologia gender, porta come conseguenza una idealizzazione della omosessualità proposta come modello di liberazione da condizioni sociali oppressive e, in passato, platealmente vessatorie.

5. Conquistare scuola e mass media
Lo strumento con cui realizzare la “colonizzazione ideologica” denunciata da papa Francesco è la conquista dei luoghi di educazione e di comunicazione. Dunque, scuola e mass media. Decisivo per gli ideologi del gender è drenare denaro pubblico per entrare negli istituti scolastici e formare le menti di bambini e giovani generazioni in particolare all’idea che la famiglia naturale sia uno stereotipo. Dunque falsi corsi contro la “discriminazione di genere” o il “bullismo omofobico” sono i cavalli di Troia con cui agevolmente penetrare nelle scuole di ogni ordine e grado, producendo testi soprattutto per bambini capaci di colpire l’immaginario più fragile e de-formarlo. Allo stesso tempo occupando ruoli chiave nei mezzi di comunicazione, l’ideologia gender punta a formare più complessivamente l’opinione pubblica all’identificazione dei princìpi enunciati con un’idea avanzata di libertà, descrivendo gli oppositori come pericolosi retrogradi, limitatori della libertà altrui motivati da pura malvagità. Le descrizioni manichee delle dinamiche in atto su questo terreno in tutte le società occidentali sono una caratteristica degli ideologi del gender che puntano a creare icone facilmente riconoscibili identificate nel mondo omosessuale e transgender, da contrapporre all’opinione pubblica che a queste forme di fascinazione ancora resiste, intimidendola e attaccando pesantemente persino la libertà d’espressione su questi temi. Di qui legislazioni punitive, arresti di oppositori e obiettori di coscienza, linciaggio mediatico di chi non si adegua al nuovo diktat ideologico.

Resistere significa conoscere i princìpi guida di questa «colonizzazione ideologica» in atto, questi 5 comandamenti basati sul falso. Se questa è una ideologia che «non esiste», ora lo potrete con nettezza giudicare da voi. La realtà si può osservare o si può negare. La realtà sotto i nostri occhi, evidente a chiunque voglia vedere, è che questa ideologia marcia prepotente verso la realizzazione dei suoi obiettivi. Noi possiamo metterci in piedi, dritti, silenziosi davanti a questa colonna di carri armati. Oppure possiamo lasciarli passare, un po’ pavidi, un po’ complici. Scegliete voi. Io, per me, ho scelto. Ho tre figlie e ho interesse che il mondo che costruiremo per loro sia fondato sulla verità, non sull’ideologia.

Spiegatelo anche a Enrico Mentana e ai ragazzi di Open, apparsi pericolosamente proni all’ideologia fin dal loro primo numero. Essere “aperti” davvero vuol dire invece sfuggirla, inoculare contro il veleno dell’ideologia l’antidoto delle idee, soprattutto quelle controcorrente, quelle che non prendono i ragazzi e le loro mode per il verso del pelo, ma li (con)vincono scegliendo di spazzolarli contropelo.