I 5 VERI OBIETTIVI DEL DDL ZAN di Mario Adinolfi

Se vi trovaste mai a partecipare a un dibattito sul ddl Zan entro il terzo minuto saranno messe in campo argomentazioni che con il ddl Zan non c’entrano nulla. Vi citeranno con sdegno l’ultima presunta aggressione omofoba su cui gli uffici stampa dell’associazionismo gay saranno riusciti a costruire un Hype grazie ai sodali della lobby presenti in giornali e tv, vi diranno che il ddl Zan servirà a punire i vili aggressori. Ve lo diranno ovviamente mentendo e sapendo di mentire, chiunque aggredisca un omosessuale è chiaramente già punibile e la pena sarebbe aggravata dagli abietti motivi.

I proponenti tutto questo lo sanno benissimo come sanno benissimo che l’unico motivo per cui hanno deciso di intervenire estendendo la legge Mancino è che l’obiettivo è costituire il reato di opinione di “istigazione all’odio omofobico”. Essendo privo di precisa definizione giuridica il concetto stesso di “istigazione” così come si balla attorno a ciò che sia effettivamente l’omofobia, l’effetto del ddl Zan è costruire un’area grigia sotto cui possano essere colpiti tutti i cosiddetti “omofobi” (cioè gli oppositori dell’agenda Lgbt) per il loro solo agire in contrasto alla lobby arcobaleno. Qualsiasi frase anche solo genericamente dura potrà essere intesa come istigatrice dell’odio omofobico e il gioco sarà fatto. D’altronde lo stesso autore della legge, Alessandro Zan, ha ammesso in un’intervista al Foglio che “in astratto” la sua normativa può colpire un’opinione. Ovviamente Zan sa benissimo che la norma scritta in astratto verrà poi applicata in concreto dall’azione dei giudici amici (Palamara docet). Ma andiamo a vedere nel dettaglio cosa accadrà se l’esercito conformista di giornali, cantanti e influencer riuscirà a imporre all’Italia la prima legge fascistissima approvata dal 1926 con l’obiettivo di mandare in galera gli avversari politici. Ecco i 5 veri obiettivi del ddl Zan.

1. Impedire l’opposizione all’agenda Lgbt

A differenza che in altri Paesi occidentali, l’ordinamento giuridico italiano non ha concesso ai gay i diritti che loro considerano fondamentali. Niente matrimonio “egualitario”, niente adozioni, carcere per chi pratica l’utero in affitto, persino la fecondazione eterologa non è concessa fuori dalla coppia etero. Unico piccolo successo la legge Cirinnà, su cui però la mobilitazione dei family Day ottenne la decisiva vittoria di far saltare l’articolo 5 sulla stepchild adoption. Dal 2016, anno di approvazione del ddl Cirinnà, i gay in Parlamento non hanno toccato palla e invece speravano di ottenere a cascata tutti i “diritti” partendo ovviamente da quello alle adozioni omosessuali. Invece, niente. E qui interviene la malignità del ddl Zan che punta a disarticolare gli oppositori della piattaforma Lgbt facendo pendere la spada di Damocle del carcere sulle loro teste. Il capolavoro è contenuto nell’articolo 4 del ddl, quello che sembra affermare il diritto alla libertà di espressione. Ma, dice il saggio, in cauda venenum. Le ultime righe dell’articolo 4 affermano che le opinioni possono essere liberamente espresse “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. E chi decide se le mie dichiarazioni sono o no “idonee” a far scattare i comportamenti discriminatori? Semplice. Il giudice, nella sua discrezionalità. Oggi posso dire con tranquillità che due gay che usano l’utero in affitto compiono un abominio criminale (la legge italiana infatti punisce tale pratica, quindi è un crimine). Se approveranno la legge Zan un qualsiasi giudice a seguito di denuncia della tal associazione potrà stabilire che la mia dichiarazione ha contribuito al compimento di atti discriminatori. Mandandomi in galera. Sarebbero quattro anni ma poiché sono presidente di associazione posso beccare l’ulteriore aggravante e prenderne anche sei.

2. Imbavagliare i soggetti politici contrari a matrimonio gay e utero in affitto

Per effetto dell’assimilazione alla legge Mancino alcune associazioni o soggetti politici potrebbero essere indicati come “omotransfobici” e di conseguenza sciolti di imperio. L’articolo 1 della legge non lascia scampo: è punito “con la reclusione da 6 mesi a 4 anni, chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza” omotransobica. Gli eventuali condannati non potranno ovviamente partecipare alle elezioni (articolo 5 ddl Zan). Già in passato le associazioni Lgbt hanno provato a impedire la presentazione delle liste del Popolo della Famiglia per la presenza nel simbolo della scritta “no gender nelle scuole” indicandola come omotransfobica. Con il ddl Zan basterà loro trovare un giudice disponibile a condannarci.

3. Intimidire le prese di posizione della Chiesa Cattolica

Dall’inizio degli Anni Novanta è in atto un processo che punta alla marginalizzazione dei cattolici dalla vita pubblica. Questo processo ha prima portato alla cancellazione dei soggetti politici di ispirazione cristiana (scioglimento della Dc nel 1993 e del Ppi nel 2001), poi all’attacco sistematico all’associazionismo cattolico più influente (penso in particolare alle campagne contro CL e Opus Dei), ma ora si mira al bersaglio grosso: si vuole intimidire la Chiesa cattolica, impedirle di influenzare il dibattito pubblico e politico sui temi etici. Il ddl Zan offre nuovi strumenti. Prova generale è stata la reazione al responsum della Congregazione della Dottrina della Fede che dice no alla benedizione delle unioni omosessuali. Sono personalmente stato ospitato in numerose trasmissioni televisive in cui si è esplicitamente affermato che quel responsum “omofobo” ha materialmente ispirato e reso possibile l’aggressione a due gay che si baciavano nella stazione metro di Valle Aurelia. Quanti prelati oseranno affermare i principi del catechismo della Chiesa cattolica in materia, sapendo di esporsi a questo tipo di accuse?

4. Entrare nelle scuole e orientare i bambini

Con l’istituzione della giornata nazionale del 17 maggio contro la omotransfobia le scuole “di ogni ordine e grado” (articolo 7 ddl Zan) finiscono in prima linea nella costruzione dei nuovi balilla del politicamente corretto, educati a concetti di cui non possono conoscere il senso fin dall’età di tre anni. L’Unar con l’articolo 8 della legge viene dotato di un fondo multimilionario con cui coordinare le azioni di “educazione” e “contrasto alla omotransfobia” ovviamente a partire dalle scuole.

5. Mettere le mani su centinaia di milioni di euro

Passo finale e più concreto di tutti è avere accesso al rivolo infinito di quattrini che dall’Europa, dai vari ministeri, dalle regioni, dai comuni saranno stanziati per combattere la omotransfobia grazie all’impulso offerto dal ddl Zan. Il valore di tali interventi è pari a centinaia di milioni di euro all’anno e nella stagione in cui è scomparso il finanziamento pubblico dei partiti questo inciderà in maniera profonda, al punto da alterare il gioco democratico a favore dei sostenitori della piattaforma Lgbt.

Ecco spiegate quelle curve e anse nascoste dal politichese di una legge che Fedez e Elodie non sanno (e non vogliono) leggere, che spesso ne occultano l’essenza stessa. Queste sono le vere ragioni per cui Zan vuole la legge Zan e Zan lo sa bene. Come tutti i suoi mandanti.