HA VINTO SINGER di Mario Adinolfi
Ci siamo tutti molto agitati per la determinazione di New York sull’aborto alla trentaduesima settimana, pratica in realtà già legittimata dalla Roe vs Wade fin dal 1973 e effettivamente messa in atto con la partial birth abortion in molti Stati degli Stati Uniti, nelle cliniche Parent Parenthood.
Sempre negli Usa insegna a Princeton, forse la più prestigiosa università del mondo dove hanno studiato molti presidenti americani, il ben noto Peter Singer. Noto per essere il teorico più rilevante del movimento animalista e anche per aver affermato nel suo libro più importante (Ripensare la vita) che è moralmente lecito uccidere i bambini down. Non abortirli. Ucciderli proprio. Preferibilmente “entro due settimane dalla nascita, altrimenti i genitori si affezionano”. Allo stesso modo Singer ha giustificato lo stupro di un disabile “gravemente compromesso dal punto di vista cognitivo” in quanto essere non senziente. Che il traguardo di questa cultura della morte sia la soppressione dei bambini disabili e l’idealizzazione invece degli agnellini da non uccidere per le feste pasquali non è incubo distopico, ma quotidianità. Basta pensare a Charlie Gard, a Alfie Evans. La verità è che se è legittimo uccidere un bambino dieci settimane dopo il concepimento è legittimo farlo anche quaranta settimane dopo o quarantacinque o cento e il limite verrà espanso sempre di più. Perché, dobbiamo dircelo, l’animalista Peter Singer ha vinto. Guai a dare un calcio a un cane, ma ai più deboli “non senzienti” potete fare di tutto. Il nodo è tutto qui, altro che New York. L’unica battaglia possibile da fare è per il diritto alla vita universale e intangibile, dal concepimento fino alla morte naturale. Ogni patteggiamento su questo punto porta all’inferno in cui vince la stringente logica di Singer.