Attenti a dove ci collochiamo di Mario Adinolfi – 25 Gennaio 2021
Sono stato a lungo tra i contrari alla Giornata della Memoria, convinto della pervasività talmente enorme della memoria della Shoah da non poterla racchiudere in un giorno rituale. Anche oggi odio le retoriche legate alla GdM, l’ovvio “per non dimenticare”, l’ideologico “affinché non avvenga mai più”, il più zuccheroso “testimone consegnato alle giovani generazioni”. E poi la strizzata d’occhio all’attualità, quello che cita i campi in Libia e quell’altro “anche il comunismo aveva i gulag”. Attorno alla Shoah mi piacerebbe un enorme e dunque adeguato silenzio consapevole, fatto di studio e senso di colpa, che attraversi la vita e non i rituali di un giorno solo. Che dica a ciascuno di noi che se l’Olocausto è stato possibile è perché milioni di noi vi hanno collaborato, gente normale, che mai avrebbe fatto male ad una mosca, ma sapevano e collaboravano a Roma come a Berlino. A trecento metri in linea d’aria da dove scrivo rastrellarono gli ebrei romani e li mandarono ai forni crematori, in tantissimi in città sapevano, nessuno mosse un dito per salvarli. E allora mi rassegno alla riproposizione de La Vita è Bella con Auschwitz liberata dal carro armato americano, alla retorica attualizzata e dunque sbagliata di Beppe Sala su Anna Frank, ai rituali di una giornata che dovrebbe essere di silenzio e di lutto. E non per la Shoah, no, ma per quello di cui ognuno di noi sarebbe capace in analoghe circostanze. Perché con ogni probabilità, avessimo avuto la notizia del rastrellamento degli ebrei di Roma, ognuno di noi si sarebbe comportato come si comportarono i romani di allora. Fossimo stati militari o funzionari italiani nella Roma occupata dai nazisti, idem. E su come si comportarono milioni di tedeschi stendo un velo. Spero che qualche rete televisiva abbia il coraggio di riproporre Schindler’s List, l’unico film (insieme a La Scelta di Sophie, ai limiti dell’umanamente sostenibile) che davvero strappa l’anima senza intenti consolatori: nessuno di noi sarebbe stato Schindler, che pure si tormenta per non averne salvati di più. Forse avremmo umanamente sperato per la sopravvivenza della bambina con il cappotto rosso, impietositi dalla sua bellezza in tanto orrore, con Steven Spielberg che però dopo averci fatto sperare per tutto il film ci fa capire che sperare senza operare equivale a essere complici, è mera chiacchiera. E infatti anche la speranza di sopravvivenza della bambina è vana in quel Male Assoluto, non può che essere inghiottita da questo buco nero in cui tutti perdemmo l’umanità. Attenti a dove ci collochiamo nel grande gioco di ruolo della Giornata della Memoria. Ci pone una grande domanda su un orrore irripetibile, che però ci interroga come fosse ripetuto davanti ai nostri occhi ogni giorno.