LE 5 COSE DA CAPIRE SULLA CRISI di Mario Adinolfi

Non c’è da discutere il se ma il quando. La crisi di governo è politicamente più che aperta, vedremo quando sarà aperta formalmente. Ovvio che se su un tema determinante riguardante il principale investimento infrastrutturale del Paese quando il presidente del Senato dà la parola al rappresentante del governo si alzano in due e danno due indicazioni opposte, solo il senso del ridicolo ormai travalicato in mille situazioni dalla coalizione gialloverde ha impedito all’aula di Palazzo Madama di chiuderla lì tra sonori sghignazzi. Conte doveva immediatamente salire al Quirinale e dare le dimissioni.
Invece Conte non s’è presentato in aula, Salvini con i suoi sei colleghi ministri leghisti si è messo su un’ala dei banchi del governo, Di Maio con i suoi dieci colleghi ministri si è appollaiato sull’ala opposta e tutti hanno fatto più o meno finta di niente mentre la dignità politica della maggioranza si sfracellava addosso alla più evidente delle sue contraddizioni.

Nelle scorse settimane ho scritto ripetutamente che il Popolo della Famiglia doveva stare ben pronto, perché l’autunno ci porterà elezioni politiche anticipate. C’è chi ha sfottuto, chi ha insolentito, chi è rimasto dubbioso o incredulo. Ora provo a fornire agli interessati una breve sintesi delle cose che sui giornali non trovate ma bisogna assolutamente capire della crisi politica in atto, con qualche indicazione sul come approcciare le prossime elezioni che si terranno come ho detto nel prossimo autunno in una data compresa tra il 27 ottobre e il 1 dicembre.

1. LO SCENARIO – Come è ovvio le elezioni europee del 26 maggio 2019 hanno radicalmente modificato lo scenario politico. Salvini ha sfiorato il 35% dei voti, il M5S ha dimezzato il suo consenso rispetto alle elezioni parlamentari del 4 marzo 2018, questo terremoto non poteva essere privo di conseguenze. Salvini ha innestato le marce alte e ha incassato doppio decreto sicurezza, diritto alla nomina del commissario europeo, il sì alla Tav in due mesi. Di Maio, incapace di reagire, è all’angolo: qualsiasi forma di resistenza avrebbe portato a elezioni anticipate che Di Maio deve evitare come la peste, perché non potrebbe ricandidarsi vista la regola dei due mandati. Quindi ora deve subire di tutto. I giornali dicono che sia pronto a sacrificare “i ministri con la T”: Toninelli, Trenta, Tria. I più indigesti a Salvini che a questo punto è al bivio: incassare un rimpasto a sé favorevole e continuare a succhiare il sangue (e i voti) a un alleato debolissimo, oppure chiudere la baracca raddoppiando i propri parlamentari con elezioni politiche anticipate che Sergio Mattarella all’apertura di una formale crisi politica non avrebbe difficoltà a concedere, vista anche la necessità di Zingaretti di derenzizzare i gruppi parlamentari del Pd.

2. GLI INTERESSI REALI DI SALVINI – Per capire quale delle due strade Salvini imboccherà, bisogna cercare di comprendere i reali interessi di Salvini che come è ovvio per tutti i politici sono di mero potere. Il leader leghista sta inseguendo un’impresa mai riuscita ai tanti politici che pure ci hanno provato: vincere da solo, senza dover dipendere da nessun alleato. Valter Veltroni la chiamava “vocazione maggioritaria”, ma è stata anche la grande ambizione irrealizzata di Berlusconi e Renzi, che provò addirittura a cucirsi addosso una riforma costituzionale dopo la vittoria alle europee del 2014, bocciata con il referendum del dicembre 2016 che ha rappresentato di fatto il momento della fine politica dell’allora premier e segretario del Pd. Salvini non ha ancora rotto con il M5S perché il 34.3% ottenuto alle europee del 26 maggio scorso non basta a governare da solo e anche i sondaggi migliori lo danno ancora decisamente sotto la soglia del 40%, la sola ad assicurare una maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. Salvini vorrebbe avere certezza di poter toccare quel livello di consenso facendo a meno di tutti, anche della Meloni. Dimostrarsi uomo solo al comando di un governo dove poi può sempre dare la colpa a Conte o al M5S per quello che non riesce a realizzare, può servire ad ottenere ancora più consensi in questa estate dove Di Maio è oggettivamente agonizzante. In più obiettivo agostano di Salvini è la nomina del ministro Centinaio a commissario europeo all’Agricoltura, il dicastero continentale di gran lunga più ricco in termini economici e storicamente di interesse leghista. Conte non potrà che ratificarla nei prossimi giorni. Anche qui Salvini si dimostra intelligente, l’Italia sembrerà “degradata” visto che con Federica Mogherini deteneva la seconda poltrona più importante a livello continentale (che la signora del Pd ha utilizzato poco e male, essendo di fatto irrilevante su tutti i dossier tranne quello degli interessi personali, si è sistemata con un vitalizio da 20mila euro al mese), ma in realtà il portafoglio dell’Agricoltura sul piano europeo nelle questioni concrete pesa molto e Centinaio è esperto in materia.

3. LE DATE – Per ottenere la nomina di Centinaio e il rimpastino che caccerà almeno Toninelli dalla compagine governativa, Salvini concederà il mese di agosto a Conte. Entro il 26 agosto deve arrivare la nomina di Centinaio, poi però nei trenta giorni successivi vanno presentati i dettagli del Def che preparano la manovra di bilancio e lì la rottura appare inevitabile, viste le continue battute di Di Maio contro la flat tax che non avrebbe coperture, per non parlare dell’ostilità manifesta di Tria. Se si sciolgono le Camere a inizio settembre si può votare il 27 ottobre (le norme offrono una forchetta che varia tra i 45 e i 70 giorni successivi allo scioglimento per tenere le elezioni), più si va avanti nel mese più ci si può attendere elezioni novembrine fino alla data limite del 1 dicembre. Un governo pienamente nelle sue funzioni potrebbe tranquillamente approntare e far approvare la manovra 2020, come sempre accade, negli ultimi giorni dell’anno. Il Corriere della Sera in una splendida tabellina scrive oggi che se si sciolgono le Camere il 27 settembre si può votare il 27 ottobre. Io davvero non riesco a capire come il giornalismo italiano sia diventato così sciatto. Ripeto, servono tra i 45 e i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere per far tenere le elezioni.

4. QUALI ALLEANZE? – Eccoci al nodo del tutto irrisolto: con quali alleanze si presenteranno le forze politiche al voto? Salvini vuole senza dubbio tentare la corsa in solitaria, sa bene che i voti alla Lega sono voti suoi personali, il partito è totalmente nelle sue mani senza contestazione alcuna, può far eleggere quattrocento parlamentari totalmente obbedienti e non vuole farsi sfuggire l’occasione. Vuole evitare anche l’alleanza con Giorgia Meloni? Sì, vuole evitare qualsiasi condizionamento. Alla Meloni lascerebbe la leadership di un centrodestra utile come forza di supporto post-elettorale composto da Fratelli d’Italia, movimento di Toti e Altra Italia berlusconiana, tre realtà che però per differenti motivazioni hanno difficoltà a dialogare. Altro modello plausibile è l’intesa Lega+FdI+Toti che però costringerebbe Salvini a trattare i collegi con alleati che poi avrebbero la necessità di far valere la propria specificità, con il rischio di una perdita di consensi. E tutti gli altri? Difficile pensare che Pd, M5S e il più che probabile nuovo soggetto politico che nascerà attorno alla figura del premier Conte vadano in solitaria al massacro, rischierebbero di perdere tutti i collegi uninominali. Non a caso Salvini ha annunciato un agosto di comizi al Sud, per radicare ancora di più la Lega nei territori dove il M5S ha preso il 48% ma ora si sta letteralmente squagliando. Se Salvini dovesse andare da solo senza alleati, a fronte di un aggregazione di centrodestra si produrrebbe certamente anche un ibrido “giallorosso” con M5S, Pd, sinistre varie e soggetto contiano. Nel caso di un’intesa Salvini-Meloni-Toti non è da escludere che a quell’ibrido si aggiunga anche l’Altra Italia berlusconiana. Ma davvero è prematuro riuscire a capire quale sarà il punto di caduta di tutta questa materia magmatica in costante evoluzione. Quel che è certo è che nessun partito ama la riforma del taglio secco dei parlamentari, che senza scioglimento delle Camere entro fino settembre verrebbe votata in via definitiva. Altra ragione per cui le elezioni politiche anticipate autunnali le considero assolutamente probabili e a cui invito il Popolo della Famiglia a prepararsi.

5. COSA DEVE FARE IL PDF – Ho avvertito per tempo il Popolo della Famiglia a tenersi pronto, già prima del precipitare della crisi che vedevo ovvio nel dispiegarsi dei fatti politici. Abbiamo un appuntamento nazionale di tre giorni a settembre che evidentemente definirà le nostre decisioni stando come sempre tutti insieme a prenderle. Indubbiamente noi siamo variabile dipendente del quadro politico, finché non si cristallizzeranno date e alleanze per noi è difficile muoverci razionalmente. Siamo una piccola forza che vale tra i cento e i duecentomila voti, saremo cercati se la contesa elettorale si farà in qualche modo incerta, in caso contrario saremo ignorati e lasciati alla nostra libera iniziativa. Mi scrivono in molti con varie e disparate proposte, mi cercano micropartiti che sperano di trarre qualche vantaggio di visibilità appoggiandosi al marchio PdF, sto tenendo per ora tutti alla finestra. Ciò che mi sembra evidente, però, è che mai come in questo momento una presenza politica autonoma e cristianamente ispirata sia necessaria nel panorama partitico. Abbiamo sperimentato il totale disinteresse di Lega e Fratelli d’Italia a operare concretamente sul fronte delle politiche pro-life, contro la denatalità, per la famiglia, Quindici mesi di governo gialloverde hanno prodotto il nulla con danni paragonabili a quelli dei governi di centrosinistra, basti pensare alla triptorelina libera e gratuita o alla ormai prossima depenalizzazione dell’articolo 580 del codice penale, su cui bastava agire facendo votare una mozione parlamentare come accaduto sulla Tav per fermare l’azione di una Corte Costituzionale determinata a salvare Marco Cappato, gettando per questo l’Italia in una condizione svizzera in materia di suicidio assistito. Proprio questi fatti rendono sempre più necessaria la presenza del Popolo della Famiglia, che dunque dovrà organizzarsi prima di tutto per far arrivare sulla scheda anche questa volta il proprio simbolo. Con quale modalità si vedrà, con quali possibili alleanze anche, ma prima di tutto bisogna essere consapevoli che sarà decisivo esserci. Anche perché come al solito se non ci organizzeremo noi, non lo farà nessun altro. Le varie altre schegge non hanno la forza territoriale per poter pensare ad una loro presenza elettorale, noi proveremo ad aggregarle ma ovviamente andrà prima definito il quadro delle alleanze e l’offerta elettorale. I nostri temi, però, come è chiaro sono difesi solo da noi e non interessano altri: dal reddito di maternità al presidio territoriale contro l’insediamento di “cliniche” per il suicidio assistito, solo il PdF è erede sturziano di una presenza cristianamente ispirata capace di essere autonoma, propositiva, concreta, fondata sui diritti della famiglia naturale e sul diritto alla vita della persona dal concepimento fino alla morte. Arricchiremo la piattaforma della nostra proposta fin dagli appuntamenti settembrini, con la partecipazione di chiunque sia interessato a farlo (ricordo la festa de La Croce dal 27 al 29 settembre). Soprattutto sui territori invito a prepararsi allo sforzo organizzativo necessario ad affrontare un’altra campagna elettorale, la prima autunnale della nostra pur breve storia, ribadendo fin d’ora con documenti politici, presenza sui media e sui social, iniziative locali, la ragion stessa d’essere del Popolo della Famiglia.

Spero di essere stato utile nel fornire queste informazioni e mi perdonerete la lunghezza del testo, ma era utile averne uno che contenesse tutte le questioni che attualmente sono sul tappeto ora che la crisi politica è di fatto aperta e riguarda evidentemente ciascuno di noi.