De Carli: “La mia visione di Europa in tre semplici mosse”
La sua posizione sull’Europa?
La mia posizione è molto chiara e precisa, sono convinto che l’Europa oggi rappresenti assolutamente una risorsa e rappresenti assolutamente un’opportunità se riusciamo a declinarla secondo la sua vocazione originale e non secondo quella storpiata e modellata ad immagine e somiglianza dei Paesi del nord Europa, in primis della Germania di Angela Merkel.
Per fare questo abbiamo bisogno di aprire un dibattito serio su alcune questioni necessarie per far comprendere che in Europa ci sono dei problemi come la crisi occupazionale, demografica, familiare e valoriale. Dobbiamo credere, inevitabilmente, che l’Europa può avere anche gli anticorpi per poter combattere queste degenerazioni pericolose che stanno portando all’autodistruzione del continente europeo come annunciato più volte da San Giovanni Paolo II. Per fare questo i tre livelli fondamentali di azione sono inevitabilmente legati alle regole comuni che in Europa si sono create nel corso degli ultimi decenni e che hanno inevitabilmente modellato negativamente il sistema europeo diversamente da quanto previsto e messo in campo dai padri fondatori: uno su tutti è il primato della politica sulla finanza globale.
Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di dare dignità a quelli che sono i luoghi della politica europea e in primis al Parlamento Europeo. Si è aperto un dibattito sulla rimodulazione di quelli che sono i trattati europei dando priorità e importanza al Parlamento Europeo che è il vero organo elettivo e che andremo a riconfermare nei suoi eletti la prossima primavera, con le elezioni europee. Dovrà avere sempre maggiore potere decisionale, maggiore autonomia decisionale rispetto invece al ruolo dei Capi di Stato e di Governo che dovrebbe essere invece sempre più marginale e limitato a soli casi di eccezione. Questo dibattito deve essere aperto e al suo interno, come abbiamo scritto nel programma nazionale del Popolo della Famiglia alle elezioni politiche, deve essere inserito il tema delle radici greco-romane-giudaiche cristiane in modo da poter dare finalmente un ancoraggio valoriale preciso e chiaro che faccia da riferimento anche alle politiche di immigrazione, di accoglienza e di gestione del dialogo a livello nazionale degli stati membri dell’Unione Europea.
Per fare questo bisogna riaprire la questione dei Trattati nazionali e quelli costitutivi dell’Europa ma soprattutto far si che la moneta non sia un elemento di governo ma sia un elemento di servizio per le comunità appartenenti all’Unione Europea stessa. Un tema che io ho aperto e sul quale ho interrogato il mondo politico nazionale, partendo dalle nostre posizioni, è quello di superare il Trattato di Maastricht e il vincolo del 3%, intervenendo in particolare sulla quota degli investimenti. Avere quindi uno Stato che investe nell’economia reale, mettendo dei soldi veri nelle tasche delle famiglie e che non abbia questo tipo di spesa pubblica dentro i parametri del rapporto deficit/pil del 3% previsto dal Trattato di Maastricht. Questo crea sviluppo, crea prodotto interno lordo sul quale si pagano le tasse e quindi crea maggiori entrate che servono anche ad andare a compensare la posizione deficitaria dello Stato italiano nei confronti dei creditori. Solo in questo modo si potranno attivare quelle riforme che sono necessarie e imprescindibili: il reddito di maternità, il quoziente familiare, il bonus bebè in stile Russia e non certo in stile Governo Renzi e Gentiloni; ma anche interventi come la domenica in famiglia, l’azzeramento dell’Irap per le imprese a conduzione familiare che sono oltre il 90% delle piccole e medie imprese italiane o la detassazione totale degli investimenti e degli utili in azienda da parte degli imprenditori. Solo così possiamo ridare fiato e ossigeno all’economia reale e alle famiglie, ricreare sviluppo e le condizioni per una sana e buona occupazione, come il Cardinal Bassetti ha ripetuto in più di una occasione. Saremo poi in grado anche di poter affrontare il tema dell’immigrazione con più intelligenza grazie alla presenza di maggiori risorse da poter spendere per superare questa fase critica, attuando ad esempio il riconoscimento in nave dei migranti e il rimpatrio immediato nei paesi d’origine attraverso un’azione diplomatica con i Paesi del centro-sud Africa.
Cosa si sente di dire sulla questione dell’Europa a due velocità con i due euro di Stiglitz?
Noi abbiamo una visione europeista ma vorremmo un’ Europa dei popoli che rappresenta la declinazione delle nostre battaglie sui valori antropologici che abbiamo visto in campo nel Family Day, perché noi crediamo nel primato della persona, della famiglia e della vita che è antitetica ai nazionalisti europei alla Salvini e alla Le Pen che vedono invece il primato dello Stato rispetto all’Unione Europea, e dei lobbisti europei alla Movimento Cinque Stelle che vedono la finanza e la globalizzazione come primato assoluto rispetto alla persona, alla vita se alla famiglia. Noi siamo la terza via che, attraverso la dottrina sociale della Chiesa cattolica, mette persona, vita e famiglia come prisma con cui orientare le sue politiche. Noi crediamo che sia decisivo e determinate agire in tal senso contrapponendo questa visione alternativa anche nelle dinamiche europee: l’euro è una moneta fatta male, che fa danni perché è su misura di economie forti come quella tedesca, che ha bisogno di un’economia forte per poter competere a livello internazionale e di un’economia che non vive di export internazionale strutturato come quello italiano, che non vive di turismo. Le nostre economie, soprattutto quelle del sud Europa, hanno bisogno invece di una moneta simile alla vecchia lira che sia compatibile con un export internazionale in crescita, con il nostro sistema imprenditoriale e con il turismo che, se venisse gestito realmente con visione di prospettiva porebbe rappresentare la miniera d’oro del nostro Paese.
Crediamo dunque che avere due monete, due euro, due Banche Centrali modificando la Banca Europea d’investimento e facendola diventare una seconda Banca Centrale con un euro del sud e un euro del nord, come definito dall’economista Stiglitz nel corso di questi anni, possa essere un’ opzione da prendere realmente in considerazione. Solo così credo che potremmo rimanere nell’alveo europeo, superare i problemi di una moneta inadatta per buona parte dell’economie presenti ed evitare quello che il Ministro Savona ha definito come il “cigno nero”.A breve potrebbe non essere l’Italia ad uscire dall’euro, bensì la Germania in quanto questa moneta inizia a creare seri problemi alle zone produttive tedesche perché impoverisce tutti gli acquirenti dei loro prodotti e dei loro manufatti, in primis l’Italia che, impoverendosi, non riuscirà più a acquistare gli stessi quantitativi dalle aziende manifatturiere tedesche. Ciò potrebbe comportare la chiusura di stabilimenti e aziende e una minore produttività aziendale per i tedeschi: non a caso abbiamo un Pil tedesco che non è più ai dati esaltanti degli scorsi anni e tende anch’esso ad avere reflussi negativi dalla moneta stessa. Noi dobbiamo anticipare i tempi, riflettere insieme e prendere in considerazione le tesi intelligenti di uomini e di economisti lungimiranti come Stiglitz per affrontare il tema del superamento dell’euro, non tornando alla lira che è una follia populista che ci porterebbe a diventare una repubblica sud americana del Mediterraneo incapace di competere a livello internazionale, ma modellando l’euro a misura delle economie presenti.
Crediamo che la prospettiva di Stiglitz sia molto intelligente e arguta e proprio per questo stiamo dialogando con economisti che hanno lavorato per anni al superamento dell’euro e al cosiddetto “piano b”. bisognerebbe far capire queste posizioni attraverso un dialogo con il territorio, con le imprese, con il mondo associazionistico che ha capisto che la visione che noi abbiamo preso come punto di osservazione, che è quella di Stiglitz, non è una visione demagogica ma è un punto di apertura su un dibattito che richiede necessariamente una soluzione alternativa alla situazione attuale. Per noi non è uscire dall’euro ma cambiarlo con una visione di maggiore sovranità monetaria a livello europeo e non nazionale, quindi rendere più partecipi i Paesi europei nella gestione della moneta che oggi, purtroppo, non riguarda più i popoli ma piccole caste che la gestiscono. Ricordo a tutti che la Banca Centrale Europea, ad oggi, non è una banca che è gestita dai popoli che hanno sovranità monetaria ma dagli azionisti che ne fanno parte. Questo passaggio va del tutto cambiato e credo che affrontare il tema dei due euro, cercando di ridare dignità ai ruoli degli stati e dei popoli nell’utilizzo della moneta come leva attraverso la quale servire l’economie e non governarle, sia un passaggio decisivo.
By Dario Caputo – Redazione tre